#IoRestoACasa (in cammino verso Pasqua)

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Dal 30 marzo all’11 aprile sono 13 i giorni che ci separano dal Sabato Santo, come 13 sono le persone che compongono la Presidenza dell’AC di Bologna. Proponiamo una occasione di ascolto e condivisione della Parola di Dio per prepararci alla Pasqua insieme!

Allora abbiamo pensato di riflettere insieme sulla Parola di Dio per prepararci alla Pasqua: ogni componente di Presidenza condividerà quotidianamente un pensiero sul Vangelo del giorno proprio sulla Pagina Facebook Azione Cattolica Bologna e su questo sito, per raggiungere tutti gli associati e oltre!
Restiamo a casa ma…restiamo uniti nel Signore!

Lunedì 30 marzo 2020 – Gv 8, 1-11

Della donna adultera che irrompe nella scena non importa nulla a scribi e farisei, la “mettono in mezzo” al conflitto che loro stessi hanno con Gesù, lei è meno che un oggetto, un banco di prova per testare l’ortodossia del Maestro.
Il gesto di Gesù, dello scrivere per terra, oggi mi stupisce non perché resta misterioso nel contenuto, ma perché mi insegna un atteggiamento: quando sei messo alla prova, quando una situazione inaspettata ed anche dolorosa ti raggiunge, quando ti viene chiesto di prendere una parte…rifletti!
Piuttosto che rispondere di pancia prenditi una frazione di tempo in più, per pensare, per pregare, per capire con quali strumenti puoi rispondere alla prova, per spiazzare il male rispondendo sempre con il bene.
(Alice, Segretaria diocesana)


Martedì 31 marzo 2020 – Gv 8,21-30

“Salvator Mundi”, di Antonello da Messina,1465-1475, National Gallery, Londra

Siamo abituati a pensare a Dio come a un padre e a Gesù come primogenito del Padre che si è spogliato della sua divinità ed ha assunto la nostra condizione umana. Ma non possiamo dimenticarci che Gesù si è fatto carne perché il nostro essere uomini e donne fosse portato alla sua pienezza, perché il nostro essere uomini e donne, imperfetti e continuamente soggetti al peccato, potesse camminare verso una nuova umanità. Gesù parla ai suoi contemporanei e anche a noi, con parole che spesso non comprendiamo, perché prefigurano il regno dei cieli. Gesù è venuto in questo mondo, ma non appartiene al mondo. E in lui anche noi siamo segno di contraddizione per il tempo e per la storia che ci è chiesto di abitare. Dopo aver incontrato il Signore Gesù non possiamo continuare a giudicare il mondo con le categorie di sempre, con la mentalità di sempre. Essere cristiani significa pensare come Gesù, vedere il mondo come lui, scegliere ed amare come Lui, sperare come insegna Lui, vivere in Lui la comunione con il Padre .(cfr. Rinnovamento della catechesi, documento base, n.38). La pandemia che stiamo vivendo ci ha costretti a rivedere e a ripensare tutta la nostra vita, le nostre certezze, il nostro modo di vivere, le relazioni tra di noi. Come ha detto papa Francesco il 27 marzo scorso, siamo stati investiti da una tempesta. Sappiamo però che Gesù si è fatto uomo perché noi fossimo salvati, prima di tutto da noi stessi, dal peccato che ci spinge a pensare che ognuno debba vivere solo per se stesso. La terribile esperienza che stiamo vivendo ci ha fatto capire che nessuno può salvarsi da solo. E forse questa può essere l’occasione per una vera conversione. Noi crediamo in Gesù e crediamo che attraverso di lui possiamo conoscere il Padre e fare la sua volontà. Oggi siamo tutti separati l’uno dall’altro, ognuno nella propria casa, senza poterci vedere, senza poter stare insieme, senza nemmeno poter condividere l’eucarestia. È un digiuno davvero strano e per molti aspetti molto doloroso. Ma anche questo tempo così duro, così inaspettato e così tragico finirà, e la vita ritornerà alla sua normalità. Ma nulla sarà più come prima. Riprenderemo ad incontrarci, a lavorare, a pregare insieme, ma tutto sarà stato purificato e liberato dalle cose superflue. In questo momento abbiamo sperimentato come sia doloroso stare lontani dalle persone che amiamo e come sia difficile vivere la fede da soli, senza la nostra comunità. Domani ogni cosa che faremo avrà un sapore diverso. Sarà diverso anche il nostro modo di ascoltare la Parola, sapremo accoglierla e farne vita, e cercheremo prima di ogni altra cosa di essere una cosa sola con il Padre. Spero che ogni cosa avrà una luce nuova.
(Donatella, Presidente diocesana)


Mercoledì 1 aprile 2020 – Gv 8,31-42

Quando ascoltiamo e ci fidiamo solo di NOI STESSI… stiamo sulla strada sbagliata.
E’ la triste esperienza che il mondo intero sta vivendo, anche noi forse, in questa pandemia che fa cadere tante sicurezze e tanti convincimenti.
Stiamo sperimentando quanto non fossero sempre vere le necessità che avevamo: dalle cose indispensabili da possedere, alle attività da fare in modo improcrastinabile a qualsiasi prezzo, pur a discapito di chi ci stava accanto.
Gesù ci indica chi è davvero affidabile e degno della nostra fiducia senza timore di smentita: DIO PADRE.
A noi “basterebbe” affidarci a Lui, come figli innamorati, senza calcoli o timori.
Come un bambino che si lancia fra le braccia della mamma o del papà, con una fiducia smisurata che quelle braccia comunque lo afferreranno e sarà al sicuro.
(Luciano, Amministratore diocesano)


Giovedì 2 aprile 2020 – Gv 8,51-59

Raccolsero pietre per gettarle contro di lui.
Non è sicuramente la gloria dell’entrata in Gerusalemme,
il chiasso festoso dei bambini che lo circondano,
il vino inebriante delle nozze di Cana.

Eppure, subito prima di questo gesto di morte ci sono gioia ed esultanza.
La gioia e l’esultanza di Abramo nel vedere il giorno del Cristo,
il giorno di uno che verrà messo sulla croce.

Abramo lo vide e fu pieno di gioia.
Abramo nel cui seno verremo accolti.
Abramo che lascia la sua terra su una parola di promessa.
Abramo capace di vedere oltre le pietre e oltre la croce.

Capace di vedere la resurrezione che dà senso e luce alla vita e alla storia.
Di Abramo, di quegli abitanti della Giudea, di ciascuno di noi.
Signore, aiutaci a vedere oltre il nostro orizzonte
e a scegliere la vita con Te, pietra angolare.

(Martina, ViceAdulti)


Venerdì 3 aprile 2020 – Gv 10,31-42

Il confronto dei Giudei con Gesù sembra spuntare da un talk show di questi giorni,dove esperti e pareri simili e dissimili si alternano tra loro per mettere puntini sulle “i”, rinfacciando responsabilità gli uni sugli altri. Tralasciando le pietre strette nelle mani dei suoi avversari Gesù riporta i giudiziosi giudei, esperti della legge, sul piano del buon senso e potesse farlo anche oggi con molti dei nostri contemporanei. È la festa della consacrazione dell’altare del grande tempio, quando Gesù afferma “Io sono figlio di Dio”, capovolgendo le prospettive, spostando il centro della sacralità dal tempio di Gerusalemme sulla sua persona, tempio definitivo che verrà ricostruito in tre giorni. Non è ancora la sua ora, ma il tentativo di metterlo a morte è più che concreto già adesso e il pretesto è pronto: Gesù ha bestemmiato. La risposta dell’imputato viene dalla scrittura stessa ed è netta; chi giudica si fa Dio. Nel botta e risposta Gesù però si fa un attimo da parte, lui che è veramente figlio di Dio porge ai giudei un nuovo metro di giudizio: le opere. Se anche non credono a lui credano almeno alle opere. Sono le opere stesse a dimostrare che egli è da Dio e ne è il Cristo. Ecco allora qualcosa a cui attaccarsi nello spaesamento di questi giorni, nel turbinio delle cifre, delle regole, delle opinioni e dei giudizi: io cosa sto facendo? Cosa ho fatto? Come Chiesa, come Azione Cattolica, veniamo spesso tacciati di essere inappropriati, manchevoli, imperfetti; come se venisse prima quello che avremmo dovuto fare e poi quello che abbiamo fatto, spesso ce lo rinfacciamo anche tra di noi. Ma se ci voltiamo indietro, quante cose abbiamo fatto e quanto tempo abbiamo speso nel cercare di fare il bene, con le nostre imperfezioni, correndo con perseveranza la gara che ci è posta davanti, tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede (Eb 12,1-2). Questa nuova quotidianità capovolta cosa mi permette di fare come cristiano? Quali valori nuovi abbiamo dato alle persone, al tempo, alla preghiera domestica?

Oggi sentiamo tanti giudizi che ci interrogano sul domani, ma nel prossimo futuro ciò che allevierà le preoccupazioni, le angosce, le inquietudini di chi ci sta attorno potrebbero non essere grandi discorsi ben confezionati o liturgie dignitose, ma le opere che compiremo per gli altri e con Gesù, senza tanti giri di parole, ai margini del ben pensare ufficiale, “oltre il giordano”, in fuga da chi vuole far morire lo spirito benevolo che è in noi, schiacciandoci con il dramma del momento presente, senza ricordarsi che siamo tutti uomini e bisognosi di Dio nella malattia, nella fatica e nel dolore:

Dal Salmo 33
C’è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?
Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
Sta’ lontano dal male e fa’ il bene,
cerca la pace e perseguila.
Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.

(Gabriele, Vice Giovani)


Sabato 4 aprile 2020 – Gv 11, 45-55

Com’è possibile che la gente di quel tempo non abbia riconosciuto Gesù nemmeno dopo che aveva risuscitato un morto, l’amico Lazzaro? C’erano i «vedenti» che “alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto credettero in lui”. Poi c’erano i «ciechi», i capi dei sacerdoti e farisei, che pur sapendo quello che Gesù aveva fatto si chiedono “che cosa facciamo?”. Facciamo quello che ci conviene di più, “dunque decisero di ucciderlo”. Quali segni pasquali riempiono la mia giornata? Oppure anche a noi forse capita di guardare più a cosa ci torna in tasca nel prendere decisioni associative o nelle scelte quotidiane e tagliamo fuori qualcuno che in quel momento risulta sconveniente.

Gesù poi sembra triste, sconfortato: dopo l’ennesimo miracolo, “non andava più in pubblico” […] “si ritirò nella regione vicino al deserto, in una città chiamata Èfraim”. Aveva forse paura o era già troppo stanco per affrontare l’ultimo traguardo? Ci aveva ripensato? “Non verrà alla festa?”. Ma noi vedenti o ciechi abbiamo bisogno di te, “essi cercavano Gesù”…

Oggi ti troviamo vicino al deserto, con i tuoi. In questi giorni è più facile vedere deserto, viverlo forse un po’ meno. Quali zone aride hanno bisogno di essere irrigate? Chi sta vivendo nell’aridità vicino a me? Vorremmo già far festa con te, che passi questo momento… Allora con il salmo possiamo pregustare la festa ormai vicina.
Ger 31, 9b.13b.
Li condurrò a fiumi d’acqua
per una strada diritta in cui non inciamperanno;
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito.
Io cambierò il loro lutto in gioia,
li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni.

(Ilaria, Vice Giovani)


Domenica 5 aprile 2020 – Domenica della Palme (Mt 26,14-27,66)

La liturgia della domenica delle Palme ci introduce dentro la grande Santa Settimana. Quest’anno vivremo questi Santi gesti in modo singolare, in streaming, sul divano di casa…anche se li vivremo in questo modo essi però non perdono nulla della loro forza e del loro vigore.
La domenica delle Palme è, al contempo, la celebrazione gioiosa che ci fa riconoscere in Gesù il figlio di Davide e il Re di Israele, ma è pure la celebrazione della sua passione, raccontata dal Vangelo secondo Matteo. La liturgia dell’ingresso è un momento in cui tutti siamo invitati ad accogliere nel nostro cuore il Re Messia e “scortarlo” verso il mistero della sua pasqua che già è orientata verso l’altra parte della città….verso il Golgota.
La scena della Passione credo sia una scena innanzitutto da contemplare…il Maestro è al centro e intorno ci sono tanti personaggi, ognuno con la sua storia e il suo dramma; personaggi legati a lui per tanti motivi…chi per amore, chi per interesse, chi per ostilità, chi per curiosità…ognuno partecipa a modo suo a questa vicenda, in questa processione autentica come la vita… La cosa che mi sorprende di più è come queste storie umane, umanissime siano attraversate da Dio: Gesù sta dentro questa umanità fino a esserne travolto…. Dio e l’uomo sono impastati dentro la stessa storia…allora ognuno di noi questa domenica è invitato a seguire il Maestro così com’è, camminando con Lui…magari addirittura riconoscendoci nei personaggi, attori di questa storia….
Chi sono io dentro questa vicenda?
Sono Giuda? Ossia rischio di uscire anch’io dal cenacolo, dalla Comunione con il Signore?…forse per stanchezza? Stanco di vedere che le cose non vanno mai secondo le mie attese? Forse perché non comprendo il motivo per cui Dio non faccia giustizia, non risolva i mali del mondo e non cambi le situazioni sbagliate?
Sono Pietro? Il più sanguigno dei discepoli… abituato ad agire subito, a cui la vita ha insegnato a cavarsela da solo…e non può sopportare che Dio abbia tempi così diversi dai suoi…qualcuno a cui la propria fragilità e la propria debolezza fa talmente paura da risultare insopportabile…..e così pian piano ha pure pensato, senza accorgersene, che si possa fare a meno del Maestro?
Sono il Sommo Sacerdote? Che non sopporta chi mette in discussione i suoi schemi e il suo pensiero rigido e allontana da lui chi la pensa in modo diverso….Gesù è talmente una novità rispetto al suo modo di pensare che risulta davvero una minaccia….
Sono Simone di Cirene? L’uomo costretto a portare la croce, una croce che forse non ha scelto, che non ha meritato, eppure la vita, improvvisamente, gliel’ha messa addosso….Simone è la figura di ogni uomo smarrito e affaticato sotto il peso della sofferenza ingiusta e improvvisa…
Sono Pilato? Un po’ preoccupato della sua immagine…che vuole salvare sempre le apparenze….l’uomo che fa fatica a decidere perché ha paura di deludere e allora resta nell’immobilità cercando sempre di accontentare il più forte?
In questa storia ci sono anche altri personaggi, che all’inizio sembrano figure messe ai margini…ma man mano il racconto procede emergono sempre più, diventando figure fondamentali…. sono le donne… le donne osservano in lontananza ma stanno, non fuggono….forse non hanno mai abbandonato la speranza, non credono che tutto possa finire così…cercano, chiedono, desiderano…e non a caso la loro attesa sarà colmata…Saranno proprio loro a ricevere il primo annuncio della Risurrezione, forse proprio perché non hanno mai smesso di credere e di sperare…
In qualunque personaggio mi sia riconosciuto oggi sono invitato anch’io, esattamente come sono, a immergermi pienamente in questa storia……di solito al Signore chiediamo tante cose per noi, come conforto, protezione e aiuto nella sofferenza,….questa Santa Settimana proviamo invece a stare con Lui, andiamo a lui nei giorni della sua sofferenza, accanto al Figlio di Dio che “ama fino alla fine”, sua passione per l’umanità….
Dove sono io in questo racconto? Cosa mi sta dicendo? Che ruolo voglio avere in questa vicenda?

(Don Marco, Assistente ACR)


Lunedì 6 aprile 2020 – Gv 12, 1-11

Lunedì della settimana santa, un lunedì pieno di attesa, ora piu che mai! “Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti E qui gli fecero una cena…” Betania diventa il luogo delle prove generali dell’ultima cena. Gesù, solo, davanti al suo destino, pur sapendo di essere ricercato ritorna in Giudea, per stare con i suoi amici. Mai come ora sentiamo il bisogno di condividere la situazione che stiamo vivendo con i nostri amici. Le nostre vite sono state stravolte, siamo stati privati di tutto ciò che prima ci sembrava scontato, nessuno avrebbe mai immaginato che un male invisibile ci avrebbe privato perfino di poter dare l’ultimo saluto a un familiare. Ma Gesù torna, torna per amicizia, per noi segnati dal male, affinché ogni Lazzaro sia difeso dal suo amore. “Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. L’intensità del profumo del nardo è forte tanto quanto questo gesto di grandissima intimità che Maria compie davanti a tutti senza aver paura di manifestare l’amore per ciò che è, Maria trova un modo, tutto femminile, di fare qualcosa per Gesù, rischiando perfino di essere fraintesa, ma non le importa e compie quel gesto. “Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: Perché quest’olio profumato, non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?” Molto spesso quello che potremmo fare noi per Gesù risulta uno spreco, eppure Gesù dice che quello spreco e il nome vero dell’amore. L’amore è sempre così ma Giuda non può capirlo.

(Daniele Magliozzi, Vice Adulti)


Martedì 7 aprile 2020 – Gv 13,21-33.36-38

Giuda e Pietro. Due personaggi molto vicini a Gesù, due amici che però lo tradiscono. In questo brano Gesù mette in evidenza il limite dell’uomo, che spesso, trascinato dalle circostanze tende a perdere la giusta via, a dimenticare le promesse fatte. Giuda tradirà e Pietro rinnegherà ciò che in un momento di entusiasmo aveva affermato. Quante volte anche noi ci comportiamo come Giuda o Pietro, quante volte ci dimentichiamo del Signore, presi dalle nostre vite frenetiche, quante volte lo rinneghiamo e preferiamo crearci un Dio personale, che rispecchi il nostro punto di vista. Il tradire non è altro che vivere l’esperienza del peccato. Ma sappiamo che il peccato non è l’ultima parola e che l’amore misericordioso di Dio va oltre i nostri tradimenti. Dio ci ama nonostante i nostri sbagli, le nostre paure, le nostre fragilità.

Salmo 70
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

(Silvia Brescia, Vice responsabile ACR)


Mercoledì 8 aprile 2020 – Mt 26,14-25

La figura di Giuda è una figura complessa. Dare del Giuda a una persona è notoriamente considerato un insulto, gli si sta dando del traditore.
Guida è però “uno dei dodici”. Uno tra gli altri apostoli. E anche gli altri Lo rinnegheranno, Lo abbandoneranno, parteciperanno alla Sua consegna.
La figura di Giuda non è forse così terrificante come può sembrare. Un uomo che nel momento in cui la sua fede ha vacillato ha scelto di tradire, di scappare. Ognuno dei discepoli chiede a Gesù, in questo vangelo, rassicurazioni. Forse perché ognuno di loro, come ognuno di noi, sa di poter cadere in tentazione ed essere, in un momento di debolezza, il traditore.
Voglio citare Don Primo Mazzolari:
«Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. […] Io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia. La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo».

(Daniele, Responsabile ACR)


Giovedì 9 aprile 2020 – Giovedì Santo

In memoria di me – Ettore Frani

Giovedì Santo. Si celebra la Messa nella Cena del Signore.
Quest’anno ci troverà tutti in casa, andando ad aggiungersi alle anomalie e alle restrizioni, faticose ma necessarie, che ci sono imposte.
Tuttavia, possiamo pensare che il Signore, per vivere gli ultimi momenti con i suoi discepoli, ha scelto una stanza, per compiere gesti profetici e intensissimi come la lavanda dei piedi, per celebrare con loro la nuova Pasqua: “Prese del pane, rese grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo… Allo stesso modo, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo in memoria di me”.
Non voglio banalizzare: per tanti è veramente difficoltoso vivere in casa, magari in spazi angusti; per tanti è ed era la condizione normale anche prima del virus, per motivi legati all’età o alla salute. Ma ammettiamolo: il focolare domestico non andava più tanto di moda presi da impegni, come eravamo, a ogni ora di tutti i giorni feriali e festivi, dispersi in una vita per lo più ‘fuori casa’, faticavamo a ritrovarci se non nelle grandi occasioni comandate, come a Natale e a Pasqua.
In quella stanza il Signore lascia il suo testamento spirituale, l’eredità che è oggi luce e sostegno della sua Chiesa. Nell’intimità di una stanza.
Oggi si ricorda l’istituzione del sacerdozio: attraverso il servizio di alcuni fratelli, quel pane è ancora spezzato, quel Corpo è ancora donato, il suo Sangue sigilla ancora il patto fra Dio e l’uomo. Si ricorda l’istituzione dell’Eucaristia, Presenza reale del Signore risorto in mezzo agli uomini, fino alla fine dei tempi.
Stasera pronuncerò con maggiore intensità le parole della consacrazione: “Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”.
Quanta consolazione in questa promessa di eternità che significa fedeltà, ‘amore per sempre’, in ogni momento, senza interruzioni. Furono consolati i discepoli che, di lì a poco, si ritrovarono come pecore disperse, con il pastore percosso (Matteo 26,31); su questa promessa di fedeltà è vissuta e vive la fede di tante comunità, di tanti cristiani impossibilitati a ritrovarsi per celebrare l’Eucaristia o semplicemente per pregare insieme: penso alle difficoltà geografiche, o politiche, o legate a situazioni di persecuzione. L’esempio di quei fratelli, di ieri e oggi, non deve cadere nel vuoto: grazie a loro, possiamo affrontare le difficoltà presenti, anche il non poterci temporaneamente ritrovare in chiesa. E forse, pensando a loro, possiamo farlo con serietà, senza tante storie.
Questa promessa di fedeltà del Signore consola noi oggi, rintanati e impauriti dalla nostra stessa fragilità: la speranza e il desiderio di poter nuovamente fare ‘assemblea’ per celebrare ciò di cui facciamo memoria, l’Eucaristia, possono alimentare la preghiera personale e familiare che sempre deve pulsare, quel colloquio intimo con il Risorto che sostanzia tutto, anche le grandi celebrazioni che altrimenti sarebbero puro e vuoto ritualismo.
E’ la sua fedeltà di amore l’anima del nostro uomo interiore: “Il Signore Gesù, sapendo che era giunta la sua ora, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. (Gv 13,1)

(Don Roberto, Assistente unitario)


Venerdì 10 aprile – Venerdì Santo

L’evangelista Giovanni ci conduce nel racconto della passione, a riconoscere la vera identità di Gesù. Chi è questo Gesù contro cui tanti si stanno accanendo, cercandone la morte?
“Ecco l’uomo” (Gv 19,5), dice Pilato di fronte ai sommi sacerdoti e ai giudei, mostrando Gesù coronato di spine e con indosso il mantello di porpora. Sono parole di scherno e di sfida, sembrano voler ribadire che quell’uomo che stanno accusando è un poveretto, una nullità. Ma proprio quelle parole rivelano la verità di Gesù: ecco l’uomo che risponde al disegno di Dio, ecco l’uomo che ci fa ritrovare la vera umanità. All’inizio delle scritture l’uomo, nel giardino dell’Eden si era perso nella disobbedienza; qui, in Gesù c’è l’uomo che sa pienamente rispondere alla sua vocazione nell’obbedienza al Padre.
“Ecco il vostro re” (Gv 19,14), dice ancora Pilato, prendendosi gioco di Gesù e dei giudei: che potere può mai avere un re così? Quale salvezza può garantire? Ma Gesù è questo re! È un re che libera dai pericoli, che fa uscire dalla schiavitù, è il modello e liberatore del suo popolo, è colui che ci guida alla salvezza, non con la forza violenta delle armi, ma con la potenza mite dell’amore. Un re che si può incontrare non sui troni o nelle regge, ma va cercato nel povero che mi incontra.
A questo uomo, a questo re, oggi rivolgiamo lo sguardo (Gv 19,37): noi siamo il popolo di coloro che guardano il Crocifisso perché lì impariamo il segreto di Dio, il segreto dell’uomo, il mistero dell’amore.

(Don Tommaso, Assistente Giovani)


Sabato 11 aprile 2020 – Sabato Santo

io mi unisco al silenzio
io mi sono unita al silenzio
e mi lascio fare
e mi lascio bere
e mi lascio dire

(Alejandra Pizarnik)